Questa mattina abbiamo percorso alcune delle vie cittadine intitolate alle partigiane e ai partigiani piceni e abbiamo ricordato le loro vite, spesso brevi, il loro sacrificio per la lotta antifascista, la loro determinatezza nel rifiuto dei compromessi, per la verità, la democrazia, il futuro.
Insieme ai loro nomi, abbiamo condiviso le loro idee, i loro ideali, forse i loro sogni; abbiamo ripercorso le strade e le rue che loro avevano percorso da ragazzi in un mondo violento che con coraggio hanno contribuito a rovesciare.
Grazie, Partigiane e Partigiani piceni!
Archivio per Giugno 2022
19 giugno, ad Ascoli per le vie partigiane
19 Giugno 202218 giugno, la Liberazione
19 Giugno 2022Oggi 18 giugno a Massignano e ad Ascoli Piceno, l’Anpi ha ricordato le vittime trucidate dai tedeschi nei pressi di Villa Vinci sulla statale Adriatica e la Liberazione del capoluogo da parte degli alleati e dei Partigiani , con due cerimonie commemorative: la prima sull’arenile di Massignano, alla presenza delle istituzioni civili e religiose locali; la seconda a piazza Simonetti, rendendo omaggio alla lapide apposta sul palazzo della Provincia, presenti le autorità locali e le associazioni d’arma. Alle 18,00, presso la Bottega del Terzo Settore, la presentazione della collana editoriale dell’ANPI, con la partecipazione del responsabile nazionale della linea editoriale.
Il 16 giugno in contrada Monte a Castignano, per ricordare Luigi Cicconi, Emidio Lucidi., Giuseppe e Domenico Villa, trucidati dai tedeschi in fuga il16 giugno 1944
16 Giugno 2022Questa mattina una delegazione dell’ANPI provinciale si è recata a Castignano (AP), al bivio per la frazione di Capradosso, per commemorare il sacrificio degli ostaggi fucilati dai tedeschi in ritirata il 16 giugno del 1944: Luigi Cicconi, Emidio Lucidi, Giuseppe e Domenico Villa.
Molto spesso, a ricordare i fatti e i misfatti degli uomini, anche quando l’ultimo dei testimoni viventi è scomparso, resta un altro genere di creature, viventi anch’esse, ma non dotate di linguaggio, almeno non quello che siamo abituati a discernere con le nostre comuni facoltà intellettuali: sono gli alberi che, al contrario dell’uomo, possono tramandare anche per molti secoli la memoria di ciò che hanno visto.
Uno di questi, è una grande e maestosa quercia, radicata in contrada Monte, comune di Castignano.
La pianta non raggiunge le dimensioni paradossali di alcune sue simili, essendo dotata di fusto di “soli” m. 3,52 di circonferenza, sormontato da un’interessante chioma di 20 metri di diametro; ma dove non arrivano le dimensioni, suppliscono una figura esteticamente molto apprezzabile, e soprattutto le storie, non tutte belle, ma sicuramente importanti, che essa è in grado di raccontare.
Vi si arriva agevolmente da Castignano, prendendo la strada per Ascoli Piceno. Allorché si giunge al bivio per Capradosso, la quercia ci si para davanti, proprio in mezzo al bivio.
Proprietaria della pianta, è da sempre la famiglia Villa, residente sul luogo ma, a seguito di vari ampliamenti della sede stradale, forse oggi essa entra nella fascia di pertinenza della Provincia.
La pianta, al di là dei tragici episodi di cui è stata testimone, è stata una presenza importante nella vita delle varie generazioni dei Villa, che l’hanno sempre considerata quasi come un membro della famiglia.
La forma del primo palco di rami è curiosa e molto caratteristica, assomigliando a un candelabro. Proprio sopra i bracci di questo candelabro, veniva in passato collocata la “fascinara”, vale a dire una catasta di fascine di legna. La collocazione in quel posto aveva la funzione di favorire l’essiccazione della legna stessa e renderla presto utilizzabile nel camino di casa.
C’era, tuttavia, una seconda ragione, recondita e inconfessata. La legna era, nei tempi passati, l’unica risorsa energetica, per riscaldarsi e per cucinare; pertanto, doveva bastare per tutto l’anno, fino a quando, cioè, non si rendeva disponibile quella proveniente dalle potature dell’anno successivo. Il fatto che la catasta fosse collocata in un posto così difficile da raggiungere, se non con l’uso di una pericolosa scala a pioli, era un incentivo a fare economia, e a far durare quanto più possibile le fascine, una volta prelevate.
Secondo quanto asseriva Francesco Villa, combattente della Prima Guerra Mondiale, deceduto nel 1961, la pianta era già esistente, e di belle dimensioni, all’epoca della sua fanciullezza. Sommando il secolo trascorso dall’infanzia di Francesco, all’età che avrebbe potuto avere una quercia già grande, non si va lontani dal vero se le si attribuiscono due secoli di vita.
Sotto l’ombra della Quercia, un monumento commemorativo invita a tacere e riflettere. Fu proprio in quel punto che avvenne l’episodio più tragico fra tutti quelli cui la pianta dovette assistere nel corso della sua bisecolare esistenza.
Dei numerosi, tragici episodi legati alle lotte della Resistenza e alle susseguenti sanguinose rappresaglie nazifasciste, alcuni oggi vengono ampiamente e giustamente ricordati con grandiosi monumenti commemorativi e annuali cerimonie di richiamo (per ricordare qualche nome: Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema, Fosse Ardeatine, Boves…). Altri, la maggior parte purtroppo, sono rimasti quasi sconosciuti e, con la scomparsa degli ultimi testimoni corrono il rischio di venire del tutto dimenticati.
Uno di questi episodi “minori”, avvenne, appunto, in località Monte, comune di Castignano.
Era il 16 giugno 1944. Proprio in quei giorni, nel corso di un’azione partigiana, era stato ucciso un soldato tedesco e, come consuetudine e prassi, sulla base degli ordini impartiti da Hitler, il comandante tedesco avrebbe dovuto uccidere dieci italiani per ogni tedesco.
Effettuato il rastrellamento e catturati i primi quattro italiani capitati a tiro, li fece condurre proprio sotto la quercia, dove vennero fucilati.
Per tutti e quattro, è facile e triste immaginarlo, la grande chioma della quercia, che li avvolgeva con il suo abbraccio materno, fu l’ultima immagine che i loro occhi videro, prima del buio della morte.
Due dei quattro, appartenevano alla famiglia Villa ed uno, Giuseppe, era proprio il fratello di Francesco.
Qualche anno dopo, il 18 maggio del 1950, al termine dell’annuale festa di san Gabriele dell’Addolorata, patrono del luogo, il signor Francesco, che faceva parte del comitato dei “festaroli”, si accorse che erano avanzati dei soldi con i quali egli propose, e ottenne, che venisse eretto, nello stesso punto in cui erano cadute, il monumento a ricordo delle vittime, i cui nomi e i cui volti possono essere letti e conosciuti su una parete dello stesso.
Onore ai Caduti per la nostra Liberazione!
L’Anpi ricorda Giuseppe Donghi e Felice Di Cola, trucidati dai tedeschi a Favalanciata il 15 giugno 1944
15 Giugno 2022Questa mattina, a Favalanciata, una delegazione dell’ANPI di Acquasanta Terme, insieme ai rappresentanti istituzionali dei Comuni di Arquata del Tronto e Acquasanta, hanno reso omaggio al cippo che ricorda il sacrificio di Giuseppe Donghi e Fedele Di Cola, trucidati dai tedeschi in ritirata il 15 giugno 1944.
Il 15 giugno 1944 Giuseppe Donghi era intento al suo lavoro di guardia canale mentre altri civili erano occupati a recuperare della merce rovesciatasi da un furgoncino sulla via Salaria. Passò un sidecar con due tedeschi e, forse pensando si trattasse di partigiani – ma in effetti non lo erano – fermò con le armi spianate quattro di quelle persone tra cui il Donghi e il Di Cola. Dopo aver percorso sulla Salaria diverse centinaia di metri, senza motivo, scaricarono su di loro raffiche di mitra. Due degli sfortunati si salvarono buttandosi a capofitto verso il fiume, Donghi – che era alto e grosso – fu colpito al petto e morì immediatamente. Di Cola invece ferito gravemente, forse alle gambe e all’addome fu sentito gridare di dolore per diverso tempo. Ma nessuno ebbe il coraggio di avvicinarsi, finché non morì anche lui. Questa era la logica dei nazisti in ritirata scomposta verso la Germania: uccidere anche senza alcun motivo.
Il 14 giugno ad Offida, in contrada Lava, per ricordare Cesare, Antonio e Luciano Gabrielli
14 Giugno 2022Questa mattina, una delegazione dell’ANPI provinciale di Ascoli Piceno e della locale sezione di Offida hanno ricordato, insieme alla rappresentanza del Comune, presente con il proprio labaro, i Partigiani della banda Stipa, caduti per mano dei nazisti il 14 giugno 1944, appena due giorni prima della liberazione del territorio da parte dei Partigiani e delle forze armate alleate.
Cesare e Antonio Gabrielli, figli di Nazzareno e Maria Marchetti e Luciano Gabrielli, figlio di Cesare erano sfollati dalla contrada Ragnola alla contrada Lava, dove un loro parente aveva messo a disposizione una modesta casa colonica. Nella zona era situato, presso l’abitazione di Offida dell’ing. Stipa, un ricovero per i soldati alleati fuggiti dai campi di prigionia all’indomani dell’8 settembre. La casa faceva parte dei vari ricoveri sparsi lungo la regione per assistere i fuggitivi e consentire loro di passare le linee nemiche e raggiungere il Sud liberato. Era la famosa “Rat-line”, comandata dal maggiore scozzese Mc Kee.
Il 14 giugno 1944, durante la ritirata, truppe tedesche provenienti da Castel di Lama si fermarono a Offida, cercando rifugio nelle case di campagna, pretendendo vitto, alloggio e generi alimentari da portare con sé. Alcuni soldati entrarono anche nella casa dove si trovavano i Gabrielli, proprio mentre Luciano stava cercando di nascondere due bombe a mano che avrebbe dovuto consegnare ai partigiani. A quel punto, tra le grida e le preghiere delle donne, i tre Gabrielli furono prelevati e, insieme ad altri due contadini, fatti incamminare verso Castel di Lama, sotto la sorveglianza di tre SS a cavallo e con le armi spianate. Fermatisi presso una casa colonica per ristorarsi, mentre i tedeschi si rifocillavano, i due contadini riuscirono a fuggire. Presso quella stessa casa i tre giovani Gabrielli, alle prime luci della sera, furono invece uccisi con raffiche di mitra.
Ora e sempre Resistenza!