Archivio per Gennaio 2014

Lega e fascismo, il passo è breve.

15 Gennaio 2014

► Nelle sale cinematografiche viene proiettato in questi giorni un film che rappresenta una parte notevole della borghesia come degenerata e decadente. Chi si illudesse che questo sia lo spaccato della società italiana si sbaglierebbe; si tratta della rappresentazione di fenomeni di cinismo, di corruzione, di una finanza “pirata”, di speculazioni senza frontiera; tutte cose assai gravi, ma che sono ben lontane dall’esaurire il panorama. Anzi, sotto un certo profilo, c’è da preoccuparsi ancora di più per fenomeni latenti e diffusi, di cui alcuni – in sé – forse meno gravi, ma che tuttavia ci prospettano una situazione veramente seria e soprattutto pericolosa, anche perché si  saldano – in definitiva – a quelli più sopra accennati.

Apriamo i giornali di questi giorni: un governatore regionale “abusivo” (per dichiarazione esplicita di un organo giurisdizionale amministrativo) che grida al golpe, chiama la gente in piazza, mentre si parla anche di una imminente richiesta di rinvio a giudizio nei suoi confronti per peculato; ma in piazza viene perfino bruciata la bandiera di un partito democratico. In altro luogo, ressa ai caselli autostradali per impedire l’aumento dei pedaggi (e anche in questo caso, non si tratta di estremisti isolati, ma dell’iniziativa di un partito, presente in Parlamento). In altra sede ancora (Brescia), la presenza della Ministra Kyenge per parlare di problemi dell’immigrazione, scatena una gazzarra razzista; un assessore regionale (all’immigrazione) dice che non partecipa all’iniziativa (della Ministra) perché i temi trattati non costituiscono una priorità (sic.!) Ma non basta, all’Aquila,  una città, una zona che ci ha fatto stringere il cuore per le tragiche conseguenze di un rovinoso terremoto, scoppiano scandali, per abusi, irregolarità e reati nella gestione degli effetti del terremoto e delle operazioni (pare sbagliate) di ricostruzione; tant’è che il Sindaco ritiene opportuno dimettersi non in relazione a responsabilità sue personali, ma a fronte di un quadro che appare insostenibile.

 

Ai giornalisti ascolani

15 Gennaio 2014

NOBERTO BOBBIO: SE VENGONO MENO I PRINCIPI DELLA DEMOCRAZIA

Ai giornalisti responsabili delle Cronache Ascolane ai quali si indirizzano, invano, le nostre richieste di pubblicazione:

Dieci anni dopo la morte di Norberto Bobbio,desidero mettervi a conoscenza l’articolo scritto nel 1958, con il quale manifestava l’apprensione per la sorte dei principi conquistati dopo il fascismo e la sottolineatura di ciò a cui non si dovrà mai rinunciare, le libertà civili, politiche e sociali.

Quando parliamo di democrazia, non ci riferiamo soltanto a un insieme di istituzioni, ma indichiamo anche una generale concezione della vita. Nella democrazia siamo impegnati non soltanto come cittadini aventi certi diritti e certi doveri, ma anche come uomini che debbono ispirarsi a un certo modo di vivere e di comportarsi con se stessi e con gli altri.
Come regime politico la democrazia moderna è fondata sul riconoscimento e la garanzia della libertà sotto tre aspetti fondamentali: la libertà civile, la libertà politica e la libertà sociale. Per libertà civile s´intende la facoltà, attribuita ad ogni cittadino, di fare scelte personali senza ingerenza da parte dei pubblici poteri, in quei campi della vita spirituale ed economica, entro i quali si spiega, si esprime, si rafforza la personalità di ciascuno. Attraverso la libertà politica, che è il diritto di partecipare direttamente o indirettamente alla formazione delle leggi, viene riconosciuto al cittadino il potere di contribuire alle scelte politiche che determinano l´orientamento del governo, e di discutere e magari di modificare le scelte politiche fatte da altri, in modo che il potere politico perda il carattere odioso di oppressione dall´alto. Inoltre, oggi siamo convinti che libertà civile e libertà politica siano nomi vani qualora non vengano integrate dalla libertà sociale, che sola può dare al cittadino un potere effettivo e non solo astratto o formale, e gli consente di soddisfare i propri bisogni fondamentali e di sviluppare le proprie capacità naturali.

 

Queste tre libertà sono l´espressione di una compiuta concezione della vita e della storia, della più alta e umanamente più ricca concezione della vita e della storia che gli uomini abbiano creato nel corso dei secoli. Dietro la libertà civile c´è il riconoscimento dell´uomo come persona, e quindi il principio che società giusta è soltanto quella in cui il potere dello stato ha dei limiti ben stabiliti e invalicabili, e ogni abuso di potere può essere legittimamente, cioè con mezzi giuridici, respinto, e vi domina lo spirito del dialogo, il metodo della persuasione contro ogni forma di dogmatismo delle idee, di fanatismo, di oppressione spirituale, di violenza fisica e morale. Dietro la libertà politica c´è l´idea della fondamentale eguaglianza degli uomini di fronte al potere politico, il principio che dinanzi al compito di governare, essenziale per la sopravvivenza stessa e per lo sviluppo della società umana, non vi sono eletti e reprobi, governanti e governati per destinazione, potenti incontrollati e servi rassegnati, classi inferiori e classi superiori, ma tutti possono essere, a volta a volta, governanti o governati, e gli uni e gli altri si avvicendano secondo gli eventi, gli interessi, le ideologie. Infine, dietro la libertà sociale c´è il principio, tardi e faticosamente apparso, ma non più rifiutabile, che gli uomini contano, devono contare, non per quello che hanno, ma per quello che fanno, e il lavoro, non la proprietà, il contributo effettivo che ciascuno può dare secondo le proprie capacità allo sviluppo sociale, e non il possesso che ciascuno detiene senza merito o in misura non proporzionata al merito, costituisce la dignità civile dell´uomo in società.

Una democrazia ha bisogno, certo, di istituzioni adatte, ma non vive se queste istituzioni non sono alimentate da saldi principi. Là dove i principi che hanno ispirato le istituzioni perdono vigore negli animi, anche le istituzioni decadono, diventano, prima, vuoti scheletri, e rischiano poi al primo urto di finire in polvere. Se oggi c´è un problema della democrazia in Italia, è più un problema di principi che di istituzioni. A dieci anni dalla promulgazione della costituzione possiamo dire che le principali istituzioni per il funzionamento di uno stato democratico esistono. Ma possiamo dire con altrettanta sicurezza che i principi delle democrazia siano diventati parte viva del nostro costume? Non posso non esprime su questo punto qualche apprensione.

Il cammino della democrazia non è un cammino facile. Per questo bisogna essere continuamente vigilanti, non rassegnarsi al peggio, ma neppure abbandonarsi ad una tranquilla fiducia nelle sorti fatalmente progressive dell´umanità. Oggi non crediamo, come credevano i liberali, i democratici, i socialisti al principio del secolo, che la democrazia sia un cammino fatale. Io appartengo alla generazione che ha appreso dalla Resistenza europea qual somma di sofferenze sia stata necessaria per restituire l´Europa alla vita civile. La differenza tra la mia generazione e quella dei nostri padri è che loro erano democratici ottimisti. Noi siamo, dobbiamo essere, democratici sempre in allarme.

N.B. Questo testo comparve nel 1958 su “Risorgimento” che, in occasione del primo decennale della Costituzione, aveva promosso un´inchiesta. Venne poi pubblicato, nello stesso anno, sul bollettino dell´Ateneo di Torino.

C’è molto da meditare e quanto sopra potrebbe essere utile per un reale, meticoloso e necessario ESAME DI COSCIENZA.

A buon intenditor poche parole!

ANPI

Comitato Provinciale di Ascoli Piceno


L’Anpi provinciale ribadisce la richiesta di dimissioni per l’assessore Antonini

8 Gennaio 2014

Siamo esterrefatti per la leggerezza con la quale si vorrebbe sdoganare il vergognoso comportamento dell’Assessore Provinciale alla Cultura Andrea Maria Antonini indegno rappresentante di una Provincia decorata con Medaglia d’Oro per attività Partigiana.

“Ma quali dimissioni, non scherziamo.”
Così ha esordito l’Ing. Celani, Presidente della Provincia di Ascoli Piceno insignita di Medaglia d’Oro per Attività Partigiana nel commentare il “fattaccio Antonini”.

Noi dell’ANPI non scherziamo mai quando si oltraggiano i nostri Partigiani, la nostra Resistenza, la nostra Democrazia e la nostra Costituzione.

“Si tratta di una polemica strumentale, Antonini è uno dei migliori assessori del territorio, per lui parlano i fatti e l’onestà.”
Così arringa l’Avvocato Sindaco Castelli.

Della validità di Antonini come assessore e della sua onestà non vogliamo parlare: sono chiacchiere da bar… (magari Meletti). Invece ci sembra strumentale proprio l’aggirarsi per gli spalti della curva sud con sciarpa e croce celtica intorno al collo in cerca di voti e per ribadire ai propri elettori che è uno di loro; se lo ricordino a primavera .

“Domenica allo stadio, come molti, ho indossato una delle tante sciarpe che da 40 anni identifica l’appartenenza alla curva”
Così si difende l’artefice del fattaccio, cercando di mettere una pezza che è risultata molto peggio del buco. Identificando la tifoseria ascolana come tifoseria nazifascista che usa normalmente simboli nazifascisti, facendolo da 40 anni e infischiandosene di quanto stabilito e sancito dalla Legge Mancino:

L’ art. 2 (“Disposizioni di prevenzione”) stabilisce che “chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi” come sopra definiti “è punito con la pena della reclusione fino a tre anni e con la multa da ………….” Inoltre lo stesso articolo vieta la propaganda fascista e razzista negli stadi, disponendo che “è vietato l’accesso ai luoghi dove si svolgono competizioni agonistiche alle persone che vi si recano con emblemi o simboli” di cui sopra. “Il contravventore è punito con l’arresto da tre mesi ad un anno.”
Si profila una bella retata! Ma come se non bastasse:

Commette reato chiunque indossi una maglietta con l’immagine del Duce o altri simboli richiamanti il regime fascista se si trova nel corso di una manifestazione sportiva. Il nostalgico non può, quindi, esternare il proprio “credo” politico neanche per gioco. (Vede Ing. Celani che non si scherza!?)
A dirlo è una recentissima sentenza della Cassazione (sent. n. 39860/2013) che ha condannato, per violazione della legge Mancino, un tifoso di hockey a pagare una ammenda di 2.280 euro per aver indossato, allo stadio una maglia con stampato il volto di Mussolini.
Ricorda la Cassazione che indossare una maglietta o altro capo di abbigliamento richiamante motti, scritte o simbologia del partito fascista integra un reato, e ciò a prescindere
– sia dall’intenzione di discriminare ed offendere l’altrui dignità
– sia dall’appartenenza ad eventuali gruppi nazionalisti.
Il reato sussiste per il solo fatto di trovarsi in luoghi di svolgimento di manifestazioni agonistiche recando con sé emblemi o simboli di associazioni o gruppi razzisti e simili, anche se non vi si è iscritti.

Ma purtroppo non finisce neanche qui. Il nostro Assessore, con il suo comportamento inguaia, proprio nella giornata dell’Orgoglio bianconero, anche la nostra amata Ascoli Calcio che niente dovrebbe a che fare con espressioni politiche di qualsiasi genere:

Il Giudice sportivo Gianpaolo Tosel ha inflitto un’ammenda di 11.500,00 euro alla Lazio dopo l’esposizione della croce celtica avvenuta nel corso di Lazio-Livorno. Nelle motivazioni, il Giudice spiega l’ammenda così: ”per avere suoi sostenitori, al 35′ del primo tempo, esposto, per breve lasso di tempo, una bandiera con croce celtica, emblema incitante alla violenza (art. 11 commi 2 e 5 CGS)

La stessa UEFA dà battaglia su due fronti: il fair play finanziario e il razzismo non tollerando i “buu” negli stadi e i simboli di discriminazione razziale. Sono previste sanzioni durissime: dalle porte chiuse alla sconfitta a tavolino. Tanto che il massimo organismo europeo, in collaborazione con il “Fare” (Football Against Racism in Europe) ha fatto pervenire a tutte le Federazioni europee un elenco. In questo elenco ci sono tutti i simboli razzisti che non possono assolutamente essere portati in uno stadio e, in prima pagina, campeggia proprio una croce celtica.
Alla faccia della descrizione di Forza Nuova. “simbolo della Tradizione e dei Valori Europei” … provate a sfogliare quell’elenco di simboli vietati: in seconda pagina troverete il vostro accoppiato a quello di casapound; oppure fatevi un giro su Wikipedia, nota enciclopedia dell’ … ANPI, alla voce “Simbologia fascista” troverete: “La croce celtica è oggi uno dei più noti e diffusi simboli neofascisti, in quanto venne usata prima dal Parti Populaire Francais, un partito fascista creato in Francia negli anni trenta e nel dopoguerra da diversi gruppi neofascisti e di estrema destra in tutta Europa”.
Il simbolo è vietato in Italia dal 1993 con la legge Mancino che sanziona l’utilizzo dei simboli di organizzazioni e movimenti che istigano all’odio razziale.

Noi dell’ANPI non scherziamo mai quando si oltraggiano i nostri Partigiani, la nostra Resistenza, la nostra Democrazia e la nostra Costituzione che sono patrimonio di tutti gli Italiani.
E non dovreste scherzare nemmeno voi Istituzioni su queste cose. Voi rappresentate Provincia e Comune di Ascoli Piceno entrambi decorati di Medaglia d’Oro per Attività Partigiana e come tali avete il sacrosanto dovere di difendere quelle Medaglie che rappresentano la nostra Democrazia, la nostra Libertà e la nostra Costituzione da qualsiasi tipo di attacco e di minaccia, soprattutto quando questi arrivano da chi queste Istituzioni rappresenta.

Ribadiamo e chiediamo nuovamente e fortemente le dimissioni dell’Assessore Provinciale alla Cultura Andrea Maria Antonini.

Se ciò non dovesse avvenire, sfilate dai vostri Gonfaloni quelle Medaglie che non volete difendere e che non meritano di essere oltraggiate dal vostro comportamento.
Vorrà dire che voi vi terrete il vostro Assessore e noi ci riprenderemo il nostro 25 Aprile, il nostro 3 Ottobre e il nostro 18 Giugno: ci riprenderemo San Marco.

ANPI
Comitato Provinciale di Ascoli Piceno

 

FUORI I FASCISTI DALLE ISTITUZIONI! CHIEDIAMO LE DIMISSIONI DELL’ASSESSORE ALLA CULTURA ANTONINI.

5 Gennaio 2014

 

L’ANPI in tutti questi anni ha sempre ribadito, in ogni occasione, la fondamentale importanza che ha il rispetto delle nostre Istituzioni che possono esistere semplicemente perché una parte degli Italiani rese possibile la riconquista della libertà e della democrazia. L’ANPI ascolana, da quando ha iniziato il suo nuovo corso, ha dimostrato di volere fortemente rispettare questi principi. Lo ha fatto cercando il dialogo, cercando di offrire la propria collaborazione, cercando anche di prodigarsi per fare in modo che le celebrazioni commemorative assumessero la solennità che meritano, senza contestazioni e nel rispetto dei protocolli stabiliti. Questo per noi significa rispetto reciproco dei ruoli istituzionali che ognuno ricopre.

Questo rispetto esiste quando due o più parti si impegnano per lo stesso scopo, operando e lavorando all’unisono per il suo raggiungimento. Il rispetto viene a mancare quando una delle parti viene meno al proprio impegno.

Ascoli e la sua Provincia sono state insignite di Medaglia d’Oro per Attività Partigiana.

Un assessore alla cultura (che poi ci dovrà spiegare su quali basi si fonda la propria cultura) non può permettersi il lusso di passeggiare sugli spalti dello stadio cittadino facendo bella mostra della sua persona addobbata di sciarpa con tanto di simboli celtici che inneggiano e rievocano quel nazifascismo autore dei peggiori crimini a danno dell’umanità. Tanto meno può permetterselo un assessore della Provincia di Ascoli Piceno insignita di Medaglia d’Oro per Attività Partigiana.

Andrea Maria Antonini, non puoi permetterti (ti diamo del “tu” perché il “Lei” si da ai Signori) di fare l’assessore della Provincia di Ascoli Piceno andando in giro per la città inneggiando al nazifascismo. Andrea Maria Antonini, dietro la Medaglia d’Oro di cui si fregia il gonfalone della Provincia che rappresenti c’è sangue, tanto sangue.

Dietro quella Medaglia c’è il sangue dei Partigiani Ascolani che sono stati trucidati da uomini che sventolavano vessilli con gli stessi simboli che hai esposto al Del Duca. Tutto questo è storia e forse tu l’hai studiata fermandoti alle Guerre d’Indipendenza…assessore alla cultura!

L’Anpi, nel rispettarle, esige il rispetto delle Istituzioni e dei loro rappresentanti, esige il rispetto del proprio ruolo e di tutti i Martiri che rappresenta.

L’Anpi si sente oltraggiata e profondamente offesa dal comportamento nauseabondo dell’assessore Andrea Maria Antonini e ne chiede pubblicamente le immediate e irrevocabili DIMISSIONI.

ANPI    Comitato Provinciale di Ascoli Piceno

La città, il Colle, la Banda.

1 Gennaio 2014

Presso la sede dell’Anpi di Ascoli Piceno, in corso Mazzini n. 39, telefono 0736.257100, aperta tutte le mattine dei giorni dispari dalle ore 10 alle 12, è possibile acquistare due nuove iniziative editoriali, pubblicate con il contributo dell’Anpi provinciale.

Parlo della nuova edizione, ampliata ed arricchita con nuovi approfondimenti ed indagini storiografiche, del libro di Sergio Bugiardini “La città e il Colle“, edita da Il lavoro Editoriale.

L’opera riparte dalla precedente stesura, intitolata ” Le ragioni di una scelta- I fatti di Ascoli Piceno, settembre ottobre 1943″, edito da Maroni nel 1995, per ripercorrere, con attenta e dettagliata indagine testimoniale e storiografica, le drammatiche vicende avvenute in città e sul Colle San Marco nei mesi di settembre e ed ottobre del 1943, quando Ascoli Piceno fu forse la prima città italiana che insorse in armi contro quelli che da alleati erano diventati nemici, all’indomani dell’8 settembre, costringendo i nazisti alla resa nella vittoriosa impresa delle Casermette e indicando in seguito all’intera nazione la via della Resistenza armata, grazie ai valorosi giovani di Colle San Marco.   

Il libro, nella nuova stesura, dedicata al comandante Spartaco Perini, evidenzia l’importanza dello scontro del 12 settembre, che vide la resa di un intero reparto tedesco, di fronte al fuoco serrato dei militari di stanza alle Casermette, schieratisi nel quartiere di San Filippo e che rappresenta uno dei rari episodi di resistenza ai tedeschi da parte delle truppe italiane allo sbando. Correttamente questo episodio riacquista la sua giusta collocazione. Come pure riacquista una giusta collocazione la vicenda della formazione della banda del San Marco e delle vicissitudini che questa prima esperienza resistenziale dovette affrontare anche nel suo rapporto con la città e parte della popolazione, ancora dichiaratamente schierata con il fascismo.

“Che dei tragici eventi piceni non vi fosse un ricordo unanime e condiviso, ma contraddittorio, controverso e divisivo – scrive lo stesso Autore nell’introduzione alla prima stesura dell’opera – era del resto un assunto più che scontato. Per decenni, già a partire dalla liberazione della città, la memoria locale aveva infatti subito adattamenti strumentali, profonde distorsioni e vistose manomissioni per fini, nel migliore dei casi, di natura politica e, nel peggiore, a dir poco personalistici. Constatare, però, che le ferite di cinquant’anni prima fossero ancora così aperte, che l’eco delle caustiche e spesso pretestuose polemiche suscitate dalla sanguinosa dissoluzione della banda del San Marco non fosse niente affatto sopito e che il lutto collettivo – per non di di quello individuale – non fosse stato elaborato in misura tale da essere definitivamente superato, fu, in tutta franchezza, una sorpresa.”

Ecco quindi che la nuova stesura ha operato una revisione “radicale e profonda”, con una nuova analisi interpretativa delle vicende ascolane, soprattutto, affrontando una riflessione sui processi di formazione e di trasformazione della memoria individuale e collettiva degli avvenimenti.

Sergio Bugiardini è dicente a contratto di discipline storiche alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Universita degli Studi di Urbino e presiede l’Istituto provinciale di storia contemporanea di Fermo.

Di tutt’altro taglio è il secondo lavoro editoriale “sponsorizzato” dall’Anpi. Si tratta di una iniziativa nuovissima nel suo genere, una graphic novel, diretta ai giovanissimi, per far conoscere – attraverso un contenitore alternativo – i giovani Partigiani caduti sul Colle San Marco nelle tragiche giornate dell’ottobre 1943.

La graphic novel ” La Banda del Colle San Marco” offre uno spunto narrativo originale, senza alcuna pretesa di costituire un documento storiografico, per avvicinare e, soprattutto, stimolare le nuove generazioni alla conoscenza ed all’approfondimento dei fatti narrati.

Lo strumento utilizzato, il romanzo grafico, giustifica le semplificazioni e le “imprecisioni” che non verrebbero perdonate in un saggio storico, e sono funzionali alla fluidità del racconto ed all’immediatezza del messaggio.

L’opera è stata realizzata dal gruppo “Officine in Movimento”, i disegni sono dell’ottimo Stefano Brandetti, i testi dello stesso Brandetti e di Costantino Di Sante.

Si spera che la collaborazione continui e che anche altre gloriose pagine della Lotta partigiana locale possano essere raccontate a fumetti dai giovani di Officine in Movimento.