l’Anpi provinciale di Ascoli Piceno aderisce alla petizione lanciata dalla sezione AIED di Ascoli Piceno per intitolare a Giuseppina (Pinetta) Teodori la scalinata che dall’Annunziata sale alla torre del Cucco, ai piedi della fortezza Pia. Il nome di Pinetta, medico pediatra dell’ospedale cittadino per oltre trent’anni, è strettamente legato alle battaglie per il riconoscimento dei diritti civili e per essere stata fondatrice della locale sezione dell’Aied, da sempre unica struttura a tutela del diritto alla contraccezione e all’ interruzione di gravidanza. Esperta alpinista, è stata la seconda italiana di tutti i tempi a conquistare la vetta dell’M6, nel Karakorum afghano a quota 6138. Ma a noi piace ricordarla soprattutto per il suo impegno antifascista, messo in pratica negli anni dal 1967 al 1971 in appoggio alla resistenza greca contro il regime dei colonnelli; Pinetta fece parte infatti di un gruppo di coraggiosi ascolani che in quegli anni effettuò decine di viaggi in Grecia trasportando materiali e denaro per i partigiani greci. Siamo certi che vorrete aderire all’iniziativa. Come fare? Stampate la pagina della petizione allegata, scansionatela e fatela pervenire all’Aied di Ascoli Piceno, in via Asiago 2, anche via e-mail all’indirizzo: aied_ap@libero.it Oppure: Venite a firmare presso la sede Anpi, in piazza Simonetti 36, tutti i giovedì, dalle 16 alle 17,30, o presso le sedi dell’Aied e del CAI di Ascoli. Raccogliete le firme dei vostri familiari e dei vostri amici. Grazie.
A Offida, un percorso dedicato allo sguardo del cinema e della televisione sulle donne nella Resistenza, da Roma città aperta (1945) all’Agnese va a morire (1976)
Domenica 9 marzo 2025 alle ore 18 presso la Sala Pertini di Offida (Via Roma, 13), in occasione della Giornata Internazionale della Donna, la sezione ANPI “Partigiani Gabrielli” di Offida, in collaborazione con l’amministrazione comunale, organizza un incontro dedicato al ruolo delle donne nella narrazione cinematografica della Resistenza italiana al nazifascismo.
La sequenza più celebre che il cinema ci ha lasciato della Resistenza ha per protagonista una donna: la corsa tragica di Anna Magnani che viene abbattuta da una raffica di mitra in Roma città aperta.
Eppure, nonostante questa immagine simbolica e indelebile consegnataci dal capolavoro di Roberto Rossellini, scorrendo la filmografia sulla Resistenza dei primi decenni dopo la Liberazione ci si rende conto che le figure femminili non sono quasi mai protagoniste principali nei film resistenziali, tanto da aver condotto a parlare cinematograficamente di una Resistenza nascosta delle donne.
Tuttavia, in questa constatata mancanza dell’adeguato riconoscimento del ruolo avuto dalle donne nella Resistenza (che il cinema condivide con molta storiografia dei primi decenni del dopoguerra), alcune opere emergono ugualmente, fino a consegnarci delle figure femminili e delle sequenze in cui si rivela il protagonismo e la presenza necessaria delle donne all’interno dell’esperienza resistenziale.
Scopo di questo breve incontro, quindi, sarà quello di evidenziare alcune di queste figure e di queste sequenze: dalla popolana Pina in Roma città aperta (1945), interpretata magistralmente da Anna Magnani, a Gina, la protagonista del film di Mario Camerini, Due lettere anonime (1945), interpretata da Clara Calamai; da alcune sequenze dei grandi film sulla Resistenza girati intorni agli anni Sessanta che evidenziano il ruolo attivo avuto dalle donne, come in Tutti a casa (1960) di Luigi Comencini o nelle Quattro giornate di Napoli (1962) di Nanni Loy, allo straordinario documentario televisivo di Liliana Cavani, La donna nella Resistenza (1965), documento memoriale fondamentale per tentare di comprendere l’impegno femminile in quello che è stato il periodo più tragico vissuto dalla nostra nazione nella sua storia; fino ad arrivare ai ritratti, entrambi degli anni Settanta, di due protagoniste femminili indomite, la Libera del film di Mauro Bolognini, Libera, amore mio! (1973), interpretata da Claudia Cardinale, e l’indimenticabile Agnese, interpretata da Ingrid Thulin, della celebre trasposizione cinematografica di Giuliano Montaldo del libro di Renata Viganò, L’Agnese va a morire (1976).
L’Agnese va a morire di Giuliano Montaldo è non a caso il termine di questo incontro, che vuole raccontare lo sguardo avuto dal cinema e dalla televisione su quella Resistenza nascosta delle donne nei primi decenni dopo la Liberazione, almeno fino alle prime importanti ricerche storiografiche sulla loro partecipazione attiva e decisiva all’esperienza che è tuttora a fondamento della nostra democrazia, con la pubblicazione di opere storiografiche basilari su questo tema come La Resistenza taciuta, libro a cura di Anna Maria Bruzzone e Rachele Farina edito nel 1976, lo stesso anno dell’uscita del film di Montaldo.
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Tra il 9 e il 18 marzo 1944, la Banda Partigiana Paolini, attiva nel territorio tra Rovetino, Castel di Croce e Montemonaco, affrontò una dura offensiva nazifascista. Il 9 marzo i partigiani respinsero un attacco a Rovetino, subendo la perdita di un solo uomo, Gino Capriotti. Tuttavia, il 12 marzo le forze tedesche, supportate dai fascisti, attaccarono e conquistarono Castel di Croce dopo intensi combattimenti, ferendo il sacerdote partigiano don Sante Nespeca.
Nello stesso giorno, a Santa Lucia di Monsampietro, tre giovani partigiani della Banda Paolini furono fucilati. L’11 marzo, a Pozza e Umito (Acquasanta), i nazifascisti massacrarono 12 civili e 37 partigiani della Banda Bianco; tra le vittime vi furono anche donne e bambini, come la piccola Anna Sparapani, bruciata viva nella sua casa.
Il 18 marzo, oltre 1.000 nazifascisti attaccarono Montemonaco per eliminare la Resistenza locale. Nello scontro a Tofe caddero due partigiani, mentre dieci furono catturati e fucilati. A Montemonaco, le truppe nazifasciste rastrellarono la popolazione, uccidendo tra gli altri Antonio Cesaretti e suo figlio quindicenne Anselmo. Nonostante le perdite, un gruppo di partigiani riuscirà a salvarsi, ritirandosi verso Montegallo e portando in salvo la loro ricetrasmittente.
Questi eventi segnarono una delle fasi più tragiche della Resistenza nelle Marche, con combattimenti, sacrifici e massacri che evidenziarono sia la ferocia della repressione nazifascista sia il coraggio dei partigiani e della popolazione locale.
Gli eventi tra il 9 e il 18 marzo 1944 rappresentano uno dei momenti più cruenti della Resistenza nelle Marche, con battaglie decisive, eccidi di civili e rastrellamenti feroci da parte delle truppe nazifasciste.
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