Tra il 9 e il 18 marzo 1944, la Banda Partigiana Paolini, attiva nel territorio tra Rovetino, Castel di Croce e Montemonaco, affrontò una dura offensiva nazifascista. Il 9 marzo i partigiani respinsero un attacco a Rovetino, subendo la perdita di un solo uomo, Gino Capriotti. Tuttavia, il 12 marzo le forze tedesche, supportate dai fascisti, attaccarono e conquistarono Castel di Croce dopo intensi combattimenti, ferendo il sacerdote partigiano don Sante Nespeca.
Nello stesso giorno, a Santa Lucia di Monsampietro, tre giovani partigiani della Banda Paolini furono fucilati. L’11 marzo, a Pozza e Umito (Acquasanta), i nazifascisti massacrarono 12 civili e 37 partigiani della Banda Bianco; tra le vittime vi furono anche donne e bambini, come la piccola Anna Sparapani, bruciata viva nella sua casa.
Il 18 marzo, oltre 1.000 nazifascisti attaccarono Montemonaco per eliminare la Resistenza locale. Nello scontro a Tofe caddero due partigiani, mentre dieci furono catturati e fucilati. A Montemonaco, le truppe nazifasciste rastrellarono la popolazione, uccidendo tra gli altri Antonio Cesaretti e suo figlio quindicenne Anselmo. Nonostante le perdite, un gruppo di partigiani riuscirà a salvarsi, ritirandosi verso Montegallo e portando in salvo la loro ricetrasmittente.
Questi eventi segnarono una delle fasi più tragiche della Resistenza nelle Marche, con combattimenti, sacrifici e massacri che evidenziarono sia la ferocia della repressione nazifascista sia il coraggio dei partigiani e della popolazione locale.
Gli eventi tra il 9 e il 18 marzo 1944 rappresentano uno dei momenti più cruenti della Resistenza nelle Marche, con battaglie decisive, eccidi di civili e rastrellamenti feroci da parte delle truppe nazifasciste.
