Il cibo racconta la nostra storia e viene spontaneo chiedersi cosa mangiassero i partigiani ai tempi della Resistenza. Come è facile immaginare, non c’era molto a disposizione sotto il regime fascista, l’autarchia stringeva, ingredienti come l’olio d’oliva o lo zucchero erano lusso, addirittura la pasta asciutta non era accettata. Infatti, il Duce preferiva una dieta a base di cereali, il riso aveva spodestato la pasta, praticamente bandita – così come si evince anche da “Il Manifesto della cucina futurista” di Tommaso Marinetti.
Per i partigiani, la situazione era ancora peggiore, dovendo combattere anche la fame attraverso una cucina di sostentamento, in parte di contrabbando, grazie al supporto dei civili pronti ad aiutarli ad un prezzo altissimo (concreto era il rischio di venir fucilati dalle milizie nere, se scoperti).
Tanti gli episodi raccontati che fanno stringere il cuore e sperare: dalle lasagne della ricostruzione gustate da Teresa Noce di ritorno dai campi della morte fino ai 35.000 bambini nutriti dalle donne emiliane nel duro inverno del ’45.
Quello che più è rimasto impresso nella memoria si riferisce alla pasta al burro offerta dalla famiglia Cervi a tutto il paese di Campegine per festeggiare la caduta del regime. Un gesto di straordinaria generosità che ha dato vita alla pastasciutta antifascista, un piatto simbolo da non dimenticare mai per il suo valore intrinseco.
Il 25 luglio 1943, a seguito della riunione del Gran Consiglio del Fascismo, Mussolini venne finalmente destituito e arrestato segnando così la fine del fascismo, dopo 21 anni. Il Re designò il Maresciallo dell’esercito Pietro Badoglio come nuovo capo del governo, che però non fermò la guerra al fianco dei tedeschi. Solo dopo l’8 settembre, a seguito dell’ armistizio, una parte degli italiani si organizzò in armi per combattere le truppe tedesche di occupazione e i loro servi fascisti, confluiti nella sedicente Repubblica di Salò. Seguirono venti mesi di eroica Resistenza che segnarono il riscatto morale della nazione.
Ma quel 25 luglio 1943 era comunque un evento da festeggiare e i fratelli Cervi si procurarono la farina, presero a credito burro e formaggio dal caseificio e prepararono chili e chili di pasta (ben 380 chili). Caricarono il carro e la portarono in piazza a Campegine pronti a distribuirla alla gente del paese. Un grande giorno di festa, un sospiro di sollievo in attesa della democrazia tanto sofferta.
Una memoria storica che non viene dimenticata grazie all’Istituto Alcide Cervi, costituito il 24 aprile del 1972 a Reggio Emilia per iniziativa dell’Alleanza Nazionale dei Contadini (oggi Confederazione Italiana Agricoltori), dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, della Provincia di Reggio Emilia, e del Comune di Gattatico. Raccogliendo lo straordinario patrimonio di valori rappresentato dalla figura di Alcide Cervi, insieme alla memoria dei suoi sette figli martiri dell’antifascismo, l’Istituto parte dalla esperienza della campagna emiliana per lavorare con coerenza e impegno per la salvaguardia dei valori alla base della Costituzione Repubblicana.
Anche questo 25 luglio 2023, ad ottant’anni dalla caduta del regime, celebreremo con una pastasciutta antifascista sia a Colli del Tronto che a San Benedetto del Tronto, grazie all’impegno delle compagne e dei compagni delle sezioni ANPI “Vallata del Tronto- Roberto Perazzoli” e di San Benedetto del Tronto. A Colli l’appuntamento è presso la sede ANPI in largo Campo Fiera n. 22 (a 100 mt. dalla piazza del paese), mentre a San Benedetto ci si vede presso il circolo dei pescatori sanbenedettesi (di fronte alla Capitaneria di porto).
Sarà possibile effettuare il rinnovo della tessera ANPI 2023 o iscriversi per la prima volta, aderendo all’unica associazione che da ben ottant’anni si oppone a tutti i fascismi.