Il 9 marzo del 1944 si ricorda la battaglia di Rovetino, piccola frazione di Rotella, situata sul versante Nord del monte Ascensione.
Si era stanziato in queste zone un gruppo di combattenti di San Benedetto diretti dal sottotenente Gianmario Paolini.
Lo spostamento dalla zona costiera era stato determinato dalla necessità di fuggire alla sorveglianza tedesca sempre più pressante.
Sottotenente della Finanza, piemontese, classe 1919, Gianmario Paolini, la notte dell’11 settembre, Insieme ad un piccolo gruppo di italiani, dopo aver raccolto il maggior quantitativo possibile di armi ed esplosivi, aveva lasciato Sebenico, attraversando con altri finanzieri e soldati italiani l’Adriatico a bordo di una motovedetta della stessa Guardia di Finanza per approdare a San Benedetto. Molto probabilmente Paolini non si era diretto per caso a San Benedetto, ma aveva scelto volutamente quell’approdo, con la certezza di poter incrociare di lì a poco l’VIII Armata inglese, per unirsi ad essa e risalire la penisola sino al Piemonte. La sosta degli alleati cambiò i suoi piani e a quel punto Paolini ritenne opportuno organizzare un gruppo di partigiani con diversi giovani sambenedettesi, insieme a militari sbandati, ex prigionieri e darsi alla macchia verso l’interno dislocandosi tra Acquaviva e Ripatransone. Lo stesso sottotenente aveva già avuto il suo battesimo di fuoco quando in una sparatoria aveva ucciso un tedesco nella zona del Dopolavoro Ferroviario. Da qual momento in poi era ricercato dai tedeschi.
L’azione di guerra di Paolini, coadiuvato dal Sottotenente degli Alpini Settimio Berton, si spostò, dal dicembre del 1943, verso la zona di Rovetino – Castel di Croce. Numerosi furono gli scontri sostenuti dai patrioti della “Paolini” come a Monterinaldo, Force e Rotella nei quali la Banda prevalse sugli avversari.
Nella casa di don Sante Nespeca, a Castel di Croce, venne installata la postazione radiotrasmittente del colonnello Styvel e, per un certo periodo, lì si stabilì anche il comando partigiano della “banda Paolini” con tanto di arsenale.
La Banda partigiana venne subito presa di mira dalle autorità fasciste di Force e di Ascoli. La prima spedizione punitiva venne organizzata il 7 novembre del 1943. Gli scontri furono limitati ma un caporale inglese, Enrico Fischer, venne arrestato. Un primo tentativo di liberarlo fu effettuato dai partigiani, guidati proprio da don Nespeca, sulla strada di Montemonaco ma non ebbe buon esito. Nella notte però il gruppo circondò la caserma di Force dando al maresciallo fascista un ultimatum per la liberazione del prigioniero. Cosa che avvenne prima dell’alba.
L’efficienza della Banda era probabilmente dovuta alla sua struttura, che per scelta dello stesso sottotenente Paolini, era ispirata a rigidi criteri militari, tanto che gli uomini che ne facevano parte erano sottoposti ad una ferrea disciplina, mentre compiti e responsabilità venivano ripartiti nel corso di riunioni tattico-operative. Fu anche per tale impostazione che la “Paolini”, in più occasioni, fu in grado di opporsi con decisione ai rastrellamenti, infliggendo perdite notevoli sia alle truppe tedesche che ai fascisti. Anche la collaborazione fu evidente quando la banda “Paolini” corse spesso in aiuto di altre organizzazioni della Resistenza, come nel caso in cui fornì consistenti aiuti in armi e mezzi alla formazione partigiana che operava a Colle San Marco al comando di Spartaco Perini.
Alla fama delle azioni patriottiche fece eco un infoltimento delle sue fila, tant’è che verso la fine del mese di febbraio del 1944, la “Paolini” decise di dividersi in due gruppi. Il primo, quello più consistente, che avrebbe operato in tutta la zona, rimase sotto il comando dello stesso Sottotenente Paolini, mentre il secondo fu lasciato in riserva a Rovetino. Ma il destino della formazione partigiana era ormai segnato. I vari scontri con i nazi-fascisti tra l’altro avevano decisamente impegnato la formazione. Nel mese di marzo 1944, mentre i due gruppi della “Paolini” si trovavano ad operare a Rovetino e a Castel di Croce, i tedeschi diedero vita ad una grossa offensiva contro le formazioni partigiane operanti nelle Marche ed in Umbria: offensiva che vide impiegate due Divisioni motorizzate; autoblinde e artiglieria pesante, ma soprattutto centinaia di uomini, truppe appositamente inviate dal fronte, reparti di SS e truppe dell’Esercito repubblichino. La banda “Paolini”, com’è facile intuire, fu tra le prime organizzazioni patriottiche che la subirono.
Il momento più duro per la Banda fu però in occasione delle spedizioni punitive nazi-fasciste a Rovetino e Castel di Croce del 9 e 12 marzo 1944.
Annunciato da un messaggio portato da Ascoli da Severino Cataldi (“giorno 9, ore 9”), l’attacco non trovò i partigiani impreparati. Dopo tre ore di combattimenti, l’attacco di Rovetino si chiuse con un successo per la brillante azione degli uomini di Paolini e con il sacrificio di un solo uomo, Gino Capriotti, detto “Saltamacchia”.
Ma all’alba del 12 marzo i tedeschi, sempre guidati dai repubblichini, attaccarono direttamente Castel di Croce, facendosi precedere da un intenso fuoco di mortaio. I nazisti, dopo una lunga sparatoria, conquistarono il piccolo centro. Negli scontri venne ferito anche don Nespeca, per fortuna in maniera leggera.
Nella frazione di Santa Lucia a Monsampietro di Venarotta i fascisti fucilarono tre giovani Partigiani della Banda Paolini.
L’iscrizione sulla lapide che li ricorda recita:
L’ODIO CI UCCISE
LA GLORIA CI ETERNA
DANESI LIVIO
MAZZOCCHI MARIO
TAURO ANTONIO
PATRIOTI DELLA BANDA PAOLINI
QUI FURONO TRUCIDATI DAI NAZIFASCISTI
PER AVER AMATO L’ITALIA
12 MARZO MCMXLIV
Le Celebrazioni di marzo. 1- Gli scontri di Castel di Croce e Rovetino. I caduti partigiani della Banda Paolini.
8 Marzo 2022 Lascia un commento »
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