È di pochi giorni fa l’affissione abusiva, avvenuta nottetempo in alcune città italiane, compresa Ascoli, di un cartello con la scritta “antifascismo=mafia”. L’azione è stata rivendicata da un’organizzazione giovanile di estrema destra. L’equivalenza oltraggiosa, antifascismo=mafia, non solo offende lo spirito della nostra Costituzione e le basi su cui si fonda la Repubblica, nata dalla Resistenza al nazifascismo, ma falsifica anche la realtà storica.
Alla luce di questa premessa, desta ulteriore allarme e preoccupazione l’annunciata manifestazione nazionale, indetta per il prossimo 5 aprile ad Ascoli Piceno, per una non meglio specificata giornata di <<musica, identità e rivoluzione>> .
Come Anpi provinciale deploriamo fermamente che spazi pubblici vengano concessi ad organizzazioni di estrema destra per propagandare idee e programmi che, in nome di una pretesa supremazia nazionalista, aggrediscono tutti i valori democratici sottesi al dettato costituzionale.
Chiediamo pertanto al Prefetto e al Sindaco di Ascoli Piceno, per quanto di loro competenza, di voler impedire un ulteriore oltraggio alla città decorata per attività partigiana e a pochi giorni dalla celebrazione dell’80’ anniversario della Liberazione, revocando ogni eventuale concessione di spazi pubblici ad organizzazioni che non si riconoscono nei valori fondanti della nostra Carta Costituzionale.
ANPI – Segreteria provinciale di Ascoli Piceno
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A Offida, un percorso dedicato allo sguardo del cinema e della televisione sulle donne nella Resistenza, da Roma città aperta (1945) all’Agnese va a morire (1976)
Domenica 9 marzo 2025 alle ore 18 presso la Sala Pertini di Offida (Via Roma, 13), in occasione della Giornata Internazionale della Donna, la sezione ANPI “Partigiani Gabrielli” di Offida, in collaborazione con l’amministrazione comunale, organizza un incontro dedicato al ruolo delle donne nella narrazione cinematografica della Resistenza italiana al nazifascismo.
La sequenza più celebre che il cinema ci ha lasciato della Resistenza ha per protagonista una donna: la corsa tragica di Anna Magnani che viene abbattuta da una raffica di mitra in Roma città aperta.
Eppure, nonostante questa immagine simbolica e indelebile consegnataci dal capolavoro di Roberto Rossellini, scorrendo la filmografia sulla Resistenza dei primi decenni dopo la Liberazione ci si rende conto che le figure femminili non sono quasi mai protagoniste principali nei film resistenziali, tanto da aver condotto a parlare cinematograficamente di una Resistenza nascosta delle donne.
Tuttavia, in questa constatata mancanza dell’adeguato riconoscimento del ruolo avuto dalle donne nella Resistenza (che il cinema condivide con molta storiografia dei primi decenni del dopoguerra), alcune opere emergono ugualmente, fino a consegnarci delle figure femminili e delle sequenze in cui si rivela il protagonismo e la presenza necessaria delle donne all’interno dell’esperienza resistenziale.
Scopo di questo breve incontro, quindi, sarà quello di evidenziare alcune di queste figure e di queste sequenze: dalla popolana Pina in Roma città aperta (1945), interpretata magistralmente da Anna Magnani, a Gina, la protagonista del film di Mario Camerini, Due lettere anonime (1945), interpretata da Clara Calamai; da alcune sequenze dei grandi film sulla Resistenza girati intorni agli anni Sessanta che evidenziano il ruolo attivo avuto dalle donne, come in Tutti a casa (1960) di Luigi Comencini o nelle Quattro giornate di Napoli (1962) di Nanni Loy, allo straordinario documentario televisivo di Liliana Cavani, La donna nella Resistenza (1965), documento memoriale fondamentale per tentare di comprendere l’impegno femminile in quello che è stato il periodo più tragico vissuto dalla nostra nazione nella sua storia; fino ad arrivare ai ritratti, entrambi degli anni Settanta, di due protagoniste femminili indomite, la Libera del film di Mauro Bolognini, Libera, amore mio! (1973), interpretata da Claudia Cardinale, e l’indimenticabile Agnese, interpretata da Ingrid Thulin, della celebre trasposizione cinematografica di Giuliano Montaldo del libro di Renata Viganò, L’Agnese va a morire (1976).
L’Agnese va a morire di Giuliano Montaldo è non a caso il termine di questo incontro, che vuole raccontare lo sguardo avuto dal cinema e dalla televisione su quella Resistenza nascosta delle donne nei primi decenni dopo la Liberazione, almeno fino alle prime importanti ricerche storiografiche sulla loro partecipazione attiva e decisiva all’esperienza che è tuttora a fondamento della nostra democrazia, con la pubblicazione di opere storiografiche basilari su questo tema come La Resistenza taciuta, libro a cura di Anna Maria Bruzzone e Rachele Farina edito nel 1976, lo stesso anno dell’uscita del film di Montaldo.
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Tra il 9 e il 18 marzo 1944, la Banda Partigiana Paolini, attiva nel territorio tra Rovetino, Castel di Croce e Montemonaco, affrontò una dura offensiva nazifascista. Il 9 marzo i partigiani respinsero un attacco a Rovetino, subendo la perdita di un solo uomo, Gino Capriotti. Tuttavia, il 12 marzo le forze tedesche, supportate dai fascisti, attaccarono e conquistarono Castel di Croce dopo intensi combattimenti, ferendo il sacerdote partigiano don Sante Nespeca.
Nello stesso giorno, a Santa Lucia di Monsampietro, tre giovani partigiani della Banda Paolini furono fucilati. L’11 marzo, a Pozza e Umito (Acquasanta), i nazifascisti massacrarono 12 civili e 37 partigiani della Banda Bianco; tra le vittime vi furono anche donne e bambini, come la piccola Anna Sparapani, bruciata viva nella sua casa.
Il 18 marzo, oltre 1.000 nazifascisti attaccarono Montemonaco per eliminare la Resistenza locale. Nello scontro a Tofe caddero due partigiani, mentre dieci furono catturati e fucilati. A Montemonaco, le truppe nazifasciste rastrellarono la popolazione, uccidendo tra gli altri Antonio Cesaretti e suo figlio quindicenne Anselmo. Nonostante le perdite, un gruppo di partigiani riuscirà a salvarsi, ritirandosi verso Montegallo e portando in salvo la loro ricetrasmittente.
Questi eventi segnarono una delle fasi più tragiche della Resistenza nelle Marche, con combattimenti, sacrifici e massacri che evidenziarono sia la ferocia della repressione nazifascista sia il coraggio dei partigiani e della popolazione locale.
Gli eventi tra il 9 e il 18 marzo 1944 rappresentano uno dei momenti più cruenti della Resistenza nelle Marche, con battaglie decisive, eccidi di civili e rastrellamenti feroci da parte delle truppe nazifasciste.
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