Il primo dei due incontri del ciclo FuoriClasse – Poesia e Antifascismo è stato un successo. Una biblioteca gremita di persone ha ascoltato con passione e commozione la lezione di Enrico Piergallini e Gianluca Traini, abbandonandosi alle parole dei poeti-partigiani. Ringraziamo i nostri relatori, la Libreria Prosperi , la cantina San Filippo , il Comune di Offida e soprattutto tutti coloro che hanno partecipato. L’appuntamento è per venerdì prossimo, 21 giugno, con Alfonso Gatto e Salvatore Quasimodo.
Vi salutiamo con i versi di Renata Viganò, un monito in questi tempi bui.
“Ma io vorrei morire anche stasera e che voi tutti moriste col viso nella paglia marcia se dovessi un giorno pensare che tutto questo fu fatto per niente”.
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Oggi, 14 giugno, alle ore 9,30, la Sezione ANPI di Offida “Partigiani Gabrielli” e una delegazione dell’ANPI provinciale di Ascoli Piceno ricorderanno, in contrada Lava di Offida, presso l’ex fornace,il sacrificio dei tre Partigiani Cesare, Antonio e Luciano Gabrielli.
Le tre vittime erano sfollate dalla contrada Ragnola alla contrada Lava, dove un loro parente gli aveva messo a disposizione una piccola casa colonica. Nella zona si trovava uno dei capisaldi della famosa Rat- line (“linea del sorcio” perché fatta a zig zag), comandata dal maggiore scozzese Mc Kee, che aveva lo scopo di assistere i P.O.W. (prigionieri di guerra), fuggiti dai campi di concentramento dopo l’8 settembre per condurli in salvo oltre il fronte tedesco, nell’Italia liberata. La “Rat-line” offriva fermate ristoro vigilate a Offida, Appignano, Porchia, Cupramarittima. Quella di Offida era a casa dell’ingegner Luigi Stipa, inventore del motore a reazione. I Gabrielli aiutarono come poterono i prigionieri fuggiti e i partigiani della zona.
Il 14 giugno 1944, durante la ritirata, truppe tedesche provenienti da Castel di Lama si fermarono a Offida, cercando rifugio nelle case di campagna, pretendendo vitto, alloggio e generi alimentari da portare con sé. Alcuni soldati entrarono anche nella casa dove si trovavano i Gabrielli, proprio mentre Luciano stava cercando di nascondere due bombe a mano che avrebbe dovuto consegnare ai partigiani. A quel punto, tra le grida e le preghiere delle donne, i tre Gabrielli furono prelevati e, insieme ad altri due contadini, fatti incamminare verso Castel di Lama, sotto la sorveglianza di tre SS a cavallo e con le armi spianate. Fermatisi presso una casa colonica per ristorarsi, mentre i tedeschi si rifocillavano, i due contadini riuscirono a fuggire. Presso quella stessa casa i tre giovani Gabrielli, alle prime luci della sera, furono invece uccisi con raffiche di mitra.
Elenco delle vittime decedute:
Gabrielli Cesare, n. 13/12/1899 Offida, figlio di Nazzareno e Marchetti Maria, sposa Pulcini Annunziata e ha due figli: Luciano e Maria, che quell’anno avrebbe dovuto frequentare la prima elementare; lavorava presso la Fornace di Ragnola. Qualifica Partigiano caduto, banda Stipa (15/11/1943 – 14/06/1944), grado Capo nucleo – Sergente, riconosciutagli il 23/07/1946 a Macerata.
Gabrielli Antonio, n. 07/09/1904 a Monteprandone, figlio di Nazzareno e Marchetti Maria, sposa Pulcini Isolina, ha un figlio di nome Nazzareno, muratore. Qualifica Partigiano caduto, banda Stipa (15/11/1943 – 14/06/1944), grado Capo nucleo – Sergente, riconosciutagli il 23/07/1946 a Macerata.
Gabrielli Luciano, n. 13/12/1923 a Monteprandone, figlio di Cesare e Pulcini Annunziata, lavorava presso la Stazione ferroviaria di Porto d’Ascoli, qualifica Partigiano caduto, banda Stipa (15/11/1943 – 14/06/1944), grado Comandante distaccamento – Sotto tenente, riconosciutagli il 23/07/1946 a Macerata. (Scheda a cura di Chiara Donati)
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Per celebrare l’80mo anniversario dell’eccidio del Ponterotto, episodio che tra il 12 e il 13 giugno 1944 vide la morte dei partigiani Neutro e Salvatore Spinozzi e del brigadiere dei Carabinieri Elio Fileni uccisi dai nazifascisti, sul cippo di via della Resistenza che ricorda la strage, nel tratto della strada che percorre il quartiere Ponterotto, Comune, Provincia e Associazione nazionale partigiani d’Italia (Anpi), hanno tenuto una commemorazione nel corso della quale è stata deposta una corona d’alloro in omaggio al sacrificio compiuto dai tre Caduti in nome della libertà.
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Questa mattina, 6 giugno, una delegazione dell’ANPI provinciale di Ascoli Piceno ha deposto una corona d’alloro ai piedi del cippo che sulla strada per Venagrande ricorda l’uccisione, per mano fascista, del Partigiano Francesco Ciotti. Presenti la figlia e il genero del valoroso Partigiano, i quali hanno ricordato, commossi, alcuni episodi dei terribili giorni della lotta contro i fascisti e le truppe di occupazione tedesche.
Dopo questa prima cerimonia commemorativa, la delegazione si è recata presso la ex ICO, sulla strada della Bonifica, per deporre una seconda corona d’allora ai piedi del cippo in memoria dei Partigiani Fausto Simonetti, Ottavio Baccari e Jacob Heliczer.
Francesco Ciotti era nato ad Ascoli Piceno il 27 gennaio 1915; già sergente maggiore di artiglieria, si era unito alla Resistenza e faceva parte della banda partigiana Petrelli, che operava nella zona dell’Ascensione.
Ciotti aveva avvicinato un gruppo di giovani militi della guardia repubblichina proponendo loro di disertare e passare dalla parte dei Partigiani. Il gruppo aveva apparentemente accettato, ma quando Francesco, il 6 giugno del 1944, si recò all’appuntamento prestabilito, in località “Cima in Forca”, invece dei presunti disertori trovò ad aspettarlo un reparto fascista che non esitarono a fucilarlo e ad abbandonarlo agonizzante sulla strada per Venagrande.
Fausto Simonetti era nato ad Ascoli Piceno nel 1921. Arruolatosi nel 1939 in Aeronautica come aiutante sanitario, durante la guerra fu mobilitato sul Fronte occidentale e in Libia. Rientrato in Italia nel febbraio del 1943, al momento dell’armistizio si trovava con il suo reparto in provincia di Foggia. Decise di tornare ad Ascoli ed entrò nella Resistenza, aggregandosi alla banda che operava a Colle San Marco. Nei combattimenti del 3 ottobre Simonetti, riuscì a sottrarsi alla cattura. Continuò ad essere tra gli organizzatori della Resistenza locale, curando il collegamento del Comando dell’VIII Armata alleata con le basi delle Marche e dell’Abruzzo, militando nella formazione del Capitano Stipa. Nel giugno del 1944 il giovane aviere, come è ricordato nella motivazione della Medaglia d’oro, “… attivamente ricercato dai nazifascisti cadeva, per delazione, in un’imboscata. Catturato e sottoposto a minacce e torture, nulla rivelava circa i dislocamenti e l’organizzazione delle forze partigiane della zona. Esasperati dal contegno fiero e sprezzante, i suoi aguzzini lo fucilarono finendolo, mentre agonizzava, a colpi di calcio di fucile. Fulgido esempio di tenacia, sprezzo della vita e di assoluta dedizione agli ideali di Patria e di libertà”.
A Fausto Simonetti è stata conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Antonio Baccari era un anziano antifascista di idee anarchiche, arrestato su indicazione di un fascista ascolano. Spesso, insieme a Simonetti, suo compagno di reclusione nel Forte Malatesta, veniva condotto a “Villa Triste”, in località Marino del Tronto, dove entrambi venivano torturati sia dalle SS tedesche che da fascisti ascolani.
Il 6 giugno 1944, dopo l’ennesimo interrogatorio, furono barbaramente uccisi a Marino del Tronto, poco distante dalla villa delle torture.
La stessa sorte era già toccata, il 9 maggio 1944, a Jacob Heliczer, classe 1907, Partigiano della banda Paolini. Dottore ebreo di origine polacca Heliczer, che era riuscito nei mesi precedenti a evitare di essere internato nel campo di Servigliano, venne ucciso dopo atroci torture – tra cui l’asportazione degli occhi – da parte dei torturatori nazifascisti. Stando al racconto della moglie, Sabina Neumann Heliczer, il suo corpo nudo rimase per alcuni giorni in una pozza di sangue in mezzo alla strada.
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