“Con l’uscita dei bandi tedeschi di presentazione, in città si iniziò a parlare di macchia con più insistenza. La gente cominciò a nascondersi: chi alle Piagge, chi sull’Ascensione, chi sul San Marco. Io lavoravo ad una pompa di benzina dove venivano a rifornirsi i camion del gruppo che si era formato sul Colle e che era il più consistente di tutti. Allora decisi di unirmi a quegli uomini. Tuttavia, prima di recarmi definitivamente sul San Marco, feci la spola tra la città è la montagna almeno cinque o sei volte, perché aiutai quelli della banda a svaligiare le caserme del presidio e a recuperare armi e munizioni. Ricordo anche che alla Caserma Vellei e alla Umberto, i sotto ufficiali che erano addetti ai magazzini ci aprivano le porte senza resistere e noi caricavamo sui camion tutto quello che ci poteva essere utile.
Quando ormai tutti i miei amici ebbero lasciato la città, scelsi anch’io la montagna. Vi andai non certo perché avessi necessità di nascondermi per non rispondere ai bandi di chiamata: ero ancora troppo giovane per essere reclutato. Mi recai lassù perché già da tempo vedevo nei tedeschi dei nemici. Ma molto contò, nella scelta di andare, anche lo spirito d’avventura che è tipico degli adolescenti. Sul San Marco, poi, c’erano tutti, quel posto era conosciuto e sembrava l’ideale per vivere alla macchia, quindi partii. Mi avviai da solo lungo la strada del Colle e, benché avessi trasportato lassù molti fucili recuperati nelle caserme,, non portai armi con me. Giunto sul pianoro, fui ospitato per qualche tempo dalla famiglia Parisi, perché conoscevo bene uno di loro, Giacomo. Sapevo che il padre di questo mio amico era un fascista e fu davvero buffo vederlo collaborare con gli uomini della banda. Credo anche che finì con l’aderirvi”.
(Testimonianza del Partigiano Ennio Petrucci, Classe 1926, dal libro LA CITTÀ E IL COLLE di Sergio Bugiardini)
Ennio ci ha lasciato oggi.
L’ANPI PROVINCIALE rivolge alla Famiglia le più sentite condoglianze.
Grazie Ennio.