Oggi ci ha lasciato il Partigiano Giulio Cesare Tranquilli, classe 1926, studente dell’Istituto Agrario, figlio di un fornaio organizzatore clandestino del Partito Comunista e sorvegliato dal regime. Benché giovanissimo, fu tra i primi a salire sul San Marco, stabilendosi da prima a San Giacomo e poi sul pianoro. Partecipò attivamente a tutte le azioni svolte dal Gruppo della Banda Patrioti Colle San Marco. Contratta una febbre, il 3 Ottobre non fu presente nella zona degli scontri perché già rientrato a casa.
I funerali si svolgeranno domani, giovedì 10 alle ore 15 nella chiesa di San Angelo Magno alla Piazzarola.
Alla Famiglia e a tutti coloro che l’hanno conosciuto vada la vicinanza e l’abbraccio dell’ANPI provinciale.
“Casa mia, a quei tempi, era uno dei centri dell’antifascismo locale. Ricordo il via vai continuo di perseguitati e segnalati politici, di ex sindacalisti, di comunisti e di libertari della zona che si riunivano da noi o che si fermavano per nascondersi qualche giorno in un luogo sicuro. Mio padre, infatti, era un organizzatore clandestino del Partito Comunista, e per me, che avevo appena diciassette anni ed ero cresciuto in quell’ambiente tanto ostile al regime, era naturale considerare i tedeschi come dei nemici invasori. Così, quando la mattina del 12 settembre sentii sparare, invece di andare al forno a lavorare, presi un fucile, controllai se fosse carico e scesi in strada. Il fucile l’avevo recuperato giusto la notte precedente, nell’antro di un portone a San Gregorio, perché con degli amici eravamo soliti in quei giorni raccogliere quello che i soldati italiani, sbandati e di passaggio in città, abbandonavano. Del resto, armi, giberne e caricatori era facile trovarne in quantità proprio dentro ai portoni, dato che i militari in fuga vi si recavano per spogliarsi delle divise e per indossare, al riparo da sguardi indiscreti, gli abiti civili.
Per strada sentii la gente gridare che erano arrivati i tedeschi e vidi un gruppo di civili che, armi in pugno, correva verso il Distretto militare. Mi unii allora a quel gruppo e raggiunsi il Battistero, dove incontrai una mezza dozzina di uomini che stavano sparando in direzione dei giardini pubblici, contro alcuni automezzi militari fermi davanti al Distretto. Sparai anch’io, ma non vedendo alcun soldato tedesco intorno a quei mezzi, scaricai l’intero caricatore, l’unico che avevo, contro una camionetta vuota. Consumati i proiettili, tornai a casa. Ero appena un ragazzino e, pieno d’orgoglio, raccontai ai miei quello che avevo fatto. Lo stesso pomeriggio, però, intimorito dal fatto che molta gente mi avesse visto sparare e dalla possibilità che si scatenassero rappresaglie tedesche, mio padre decise di mandarmi al sicuro per un po’ di tempo da una mia zia, che abitava alle Piagge. Anche lui, come tutti in città, credeva che nel giro di alcuni giorni darebbero giunti gli alleati e che presto sarebbe finito tutto. Purtroppo, non fu così.”
(Testimonianza del Partigiano Giulio Cesare Tranquilli, pag. 233, Sergio Bugiardini, “La città e il Colle”, ed. il lavoro editoriale, 2013)