Sono trascorsi ormai 70 anni dalla liberazione dal nazifascismo delle principali città italiane. Da quel lontano 25 Aprile del 1945 è nata questa festa. Una festa per uomini e donne liberi, una festa che intende ricordare chi ha combattuto per la libertà e la democrazia di questo paese, e chi lo ha fatto, ricordiamocelo, lo ha fatto per tutti gli italiani, per chi c’era, per chi non c’era e anche per chi era contro.
Dalla liberazione dal nazi fascismo del nostro paese è nata la nostra Costituzione. L’ANPI è stata sempre fedele ad essa professando e ribadendo in ogni occasione la fondamentale importanza che ha il rispetto delle nostre istituzioni che possono esistere semplicemente perché una parte degli italiani rese possibile la riconquista della libertà e della democrazia. L’ANPI ascolana, da quando ha iniziato il suo nuovo corso, poco meno di un anno fa, ha dimostrato di volere fortemente rispettare questi principi. Lo ha fatto cercando il dialogo, cercando di offrire la propria collaborazione, cercando anche di prodigarsi per fare in modo che le celebrazioni commemorative assumessero la solennità che meritano, senza contestazioni e nel rispetto dei protocolli stabiliti. Questo per noi significa rispetto reciproco dei ruoli istituzionali che ognuno ricopre.
Questo rispetto esiste quando due o più parti si impegnano per lo stesso scopo, operando e lavorando all’unisono per il suo raggiungimento. Il rispetto viene a mancare quando una delle parti viene meno al proprio impegno.
In questi giorni abbiamo assistito a scelte che non possiamo condividere soprattutto perché operate proprio in concomitanza del 25 Aprile. La nostra amministrazione comunale, infatti, ha deciso di arricchire la propria toponomastica dedicando un’area verde nei pressi della caserma Clementi e un largo nella zona Carburo rispettivamente ad un militare e ad un senatore fascista. La nostra disapprovazione è già stata manifestata nei giorni scorsi con un comunicato stampa. Tutto questo più che rispetto reciproco ci sembra provocazione e ci puzza di ennesimo, sottile, tentativo di revisionismo. Tutto questo vanifica quanto abbiamo cercato di fare con tanto impegno e sacrificio fino ad oggi. L’ANPI vuole rispettare i ruoli delle istituzioni e continuerà a farlo perché questo fa parte del suo DNA e dell’eredità che gli è stata trasmessa ma contemporaneamente esige il rispetto delle istituzioni per il ruolo che ricopre.
Forse è ora che si chiarisca una volta per tutte quello che pensa l’ANPI.
E allora diciamo a chiare e forti parole: GIU’ – LE – MANI – DALLA – RESISTENZA !!!
Non si strumentalizza la Resistenza e non si strumentalizzano coloro che l’hanno fatta, non permetteremo mai che questo accada, non permetteremo che questo patrimonio venga utilizzato per giochi politici e fini personali e questo vale per tutti e per chiunque si potesse fare strane idee sull’argomento. La Resistenza rappresenta la nostra storia, rappresenta l’unica verità assoluta, la Resistenza è stata fatta da Eroi, veri Eroi, non falsi come quelli che deve fabbricarsi chi sostiene coloro che fecero una scelta sbagliata. La verità è sempre una sola e va raccontata cosi com’è, anche se può essere scomoda.
Se oggi abbiamo un Prefetto, un Presidente della Provincia, un Sindaco, lo dobbiamo a tutti coloro che hanno combattuto nella Resistenza: Uomini, donne e militari.
Tutta gente cha ha fatto la stessa scelta, una scelta che li avrebbe portati anche alla morte, una scelta coraggiosa ma l’unica scelta possibile, l’unica scelta giusta. Chi ha fatto scelte sbagliate allora non può pretendere di essere ricordato oggi, non può pretendere vie, larghi o piazze, soprattutto di una città e di una provincia medaglie d’oro al valor militare per attività partigiana. Chi scelse di voltare le spalle alla propria Patria restando attaccato al pastrano tedesco di Hitler rendendosi complice di omicidi e stragi perpetrate a danno di uomini, donne e bambini inermi che avevano la sola colpa di aver nascosto e sottratto alla fucilazione dei partigiani, non può e non deve essere ricordato. Chi fece quella scelta dovrebbe ripetere a se stesso e al mondo, ma in tono chiaro ed udibile a tutti, una sola frase – HO SBAGLIATO – Chi ha sbagliato non può essere ricordato, perché chi ha sbagliato è stato un carnefice ed un carnefice non può essere ricordato come merita invece la vittima. Le responsabilità devono essere chiare, proprio perché ciò che divideva vittime e carnefici era il fatto che i primi sognavano la libertà ed i secondi volevano la prosecuzione della dittatura fascista e dell’occupazione nazista. Una distinzione netta e chiara, che il tempo non può superare collocandola nell’oblio. La memoria esige verità, perché la memoria è soprattutto conoscenza della verità, una conoscenza che serve ad evitare che in avvenire certe tragedie possano ripetersi. Oggi c’è chi vorrebbe creare una memoria così detta “condivisa”; ciò che si oppone, non è una nostra ostinata volontà punitiva, ma sono, ancora una volta, la storia e la verità.
La storia e la verità ci dicono che nessun partigiano si è tirato indietro di fronte alla morte preferendo dare la propria vita piuttosto che scappare, chi ha sbagliato è stato un assassino, un violento omicida, un carnefice e, come se questo non bastasse, un vigliacco. A Dongo, mascherato da tedesco con tanto di elmetto e divisa non c’era un partigiano: c’era un certo benito mussolini arrestato dai partigiani mentre scappava.
Questa è storia, questa è la storia, questa è la verità; nessuno ha il diritto di trasformarla, anche con il semplice omettere la parola fascismo nel corso di queste celebrazioni, tutto il resto sono solo pretesti di chi non si rassegna, di chi si dibatte in una fanghiglia che non potrà mai scrollarsi di dosso e cerca in tutti i modi di mettere fuori la testa ma sarà proprio il peso della storia, della verità e della Resistenza, appunto, che gliela terranno piegata per sempre.